Dino Buzzati e il suo tempo
La produzione letteraria
Il romanzo che lo rese famoso fu Il deserto dei Tartari (1940). La trama, povera di avvenimenti esterni, s'incentra sulla vita interiore del protagonista, oppressa da una logorante attesa destinata a restare insoddisfatta. Una dimensione esistenziale che viene raffigurata dal deserto ‒ metafora di un'arida solitudine sempre uguale a sé stessa ‒ e dal viaggio che, con la sua progressione incompiuta, rappresenta un'esistenza priva di sviluppi. Il gusto del favoloso resta così l'aspetto caratteristico della scrittura di Buzzati e fornisce materia anche alla produzione elaborata negli anni successivi con la quale lo scrittore mette a punto quella misura narrativa che gli rimase poi congeniale: il racconto breve. Anche quando, dopo il conflitto mondiale, Buzzati tornerà a scrivere in un clima sociale e politico sostanzialmente nuovo ‒ segnato dalla caduta del fascismo, di cui egli aveva subito il fascino e condiviso gli ideali ‒ continuerà a prediligere la forma breve del racconto, piegandola anche ad argomenti frivoli e leggeri. Scelta che lo terrà, ancora una volta, lontano dal dominante neorealismo della narrativa contemporanea e gli consentirà di coltivare il tema dell'evasione, sempre più necessario per allontanarsi da una realtà in cui egli non era più disposto a riconoscersi. In quegli anni Buzzati inizia a sperimentare generi letterari diversi: torna al romanzo, si esercita senza successo alla composizione di opere teatrali e si dedica anche alla poesia. Tra questa consistente e varia produzione, si distingue il Poema a fumetti (1969) dove trova compimento accanto alla vena di narratore quella di disegnatore, passione che Buzzati aveva coltivato fin dalla fanciullezza e che nella maturità divenne, come già la scrittura, uno strumento finalizzato a raccontare storie: attraverso i disegni prendono forma quei mondi fantastici che mai lo abbandonarono fino al momento della sua morte, avvenuta a Milano nel 1972.